Italian Opera Promenade

Dalle opere di Verdi, Rossini, Donizetti, Mascagni, Leoncavallo, Puccini una Suite di arie estratte da: La Traviata, Rigoletto, Il Trovatore, L’Elisir d’amore, Cavalleria Rusticana, Pagliacci, Madama Butterfly, Gianni Schicchi, Turandot. Una passeggiata tra le più famose arie operistiche  italiane, dove la musica da camera incontra l’opera nella rielaborazione per trio d’archi di Roberto Molinelli, autore dei medley e violista assieme a Duccio Ceccanti al violino e Vittorio Ceccanti al violoncello.

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Rigoletto
Turandot

“Musica che sappia di sperma e di caffè”, “di gente viva che abbia il nostro sangue nelle vene”.
Pietro Mascagni – 1912

Il Trovatore
“Di quella pira l’orrendo foco”. Roma, 1853, Teatro Apollo. Il do di petto che divenne storia. Opera di mezzo della cosiddetta “trilogia popolare” (insieme a Rigoletto e La Traviata) verdiana. Dramma in quattro atti e otto quadri ambientato nella cruenta Spagna d’inizio ‘400. Ispiratosi al El Trovador del drammaturgo Antonio Gutiérrez, Verdi inscena il turbinìo di emozioni contrastanti che si sviluppano tra due rivali in amore (Manrico e il Conte di Luna) e la donna amata da entrambi (Leonora), sorrette da un lirismo particolarmente espressivo e da colpi di scena degni di un film moderno. Un racconto tardomedioevale di amori infelici, sortilegi, rituali cavallereschi e atmosfere misteriose e fiere.

Rigoletto
“Il re si diverte”. Victor Hugo scrisse il dramma nel 1832 e incappò in un esito infausto da subito: la censura austriaca non gradì molto la disamina feroce e realistica delle dissolutezze della corte francese. Tanto che bloccò l’opera per cinquant’anni.
Verdi decise quindi, per evitare problemi, di trasformare la corte francese di Francesco I° in quella del Duca di Mantova ormai scomparsa e trattabile senza conseguenze. Passione, vendetta, dissolutezze, tradimento, amore, moralità. Mescolati e agitati intorno a questa figura di buffone di corte maledetto, così universalmente umano nei suoi difetti, nei suoi pensieri, nelle sue paure.

Pagliacci

Impossibile rimanere inerti al “vesti la giubba” di Canio, capocomico assassino per amore e gelosia. Ispirata a un vero fatto di cronaca, Pagliacci deflagra come un’esplosione di realismo: lo stesso autore fa recitare al baritono il suo manifesto verista nel prologo dell’opera, vero e proprio “squarcio di vita” che mette in scena uomini che si odiano, si amano, ridono, si disperano, si uccidono. Esattamente come succede da sempre.

Turandot
“All’alba vincerò!” è forse l’aria più famosa dell’opera italiana. Una novella iraniana del XIII° secolo ispirò Gozzi nel 1762 a scrivere una delle sue fiabe, la quale, a sua volta, ispirò le musiche di scena di C.M. Von Weber nel 1809 per la traduzione Schilleriana della novella, che a loro volta ispirarono Ferruccio Busoni a scrivere un’opera in due atti preceduta da suite orchestrale nel 1906 e poi rappresentata nel 1917. La quale (è l’ultima, lo giuro!) ispirò un Puccini in veste di spettatore e ascoltatore a scrivere il suo capolavoro incompleto sulla  celebre principessa cinese e i suoi tre enigmi mortali.

Madama Butterfly
Le scale pentatoniche giapponesi, l’inno della marina americana, le armonie modali: una “tragedia giapponese”, come l’ha chiamata lo stesso Puccini, che tratta la tragica storia della giovane geisha che si uccide “con onore” dopo aver atteso a lungo e inutilmente il ritorno del tenente della marina americana Pinkerton, che le ha dato un figlio. La storia non poteva essere più pucciniana di così: Cio-cio-san come Manon, Tosca, Liù, Mimì. Donne che amano e che, amando senza riserve, muoiono.

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Turandot
“All’alba vincerò!” è forse l’aria più famosa dell’opera italiana. Una novella iraniana del XIII° secolo ispirò Gozzi nel 1762 a scrivere una delle sue fiabe, la quale, a sua volta, ispirò le musiche di scena di C.M. Von Weber nel 1809 per la traduzione Schilleriana della novella, che a loro volta ispirarono Ferruccio Busoni a scrivere un’opera in due atti preceduta da suite orchestrale nel 1906 e poi rappresentata nel 1917. La quale (è l’ultima, lo giuro!) ispirò un Puccini in veste di spettatore e ascoltatore a scrivere il suo capolavoro incompleto sulla  celebre principessa cinese e i suoi tre enigmi mortali.

Turandot
“All’alba vincerò!” è forse l’aria più famosa dell’opera italiana. Una novella iraniana del XIII° secolo ispirò Gozzi nel 1762 a scrivere una delle sue fiabe, la quale, a sua volta, ispirò le musiche di scena di C.M. Von Weber nel 1809 per la traduzione Schilleriana della novella, che a loro volta ispirarono Ferruccio Busoni a scrivere un’opera in due atti preceduta da suite orchestrale nel 1906 e poi rappresentata nel 1917. La quale (è l’ultima, lo giuro!) ispirò un Puccini in veste di spettatore e ascoltatore a scrivere il suo capolavoro incompleto sulla  celebre principessa cinese e i suoi tre enigmi mortali.

Madama Butterfly
Le scale pentatoniche giapponesi, l’inno della marina americana, le armonie modali: una “tragedia giapponese”, come l’ha chiamata lo stesso Puccini, che tratta la tragica storia della giovane geisha che si uccide “con onore” dopo aver atteso a lungo e inutilmente il ritorno del tenente della marina americana Pinkerton, che le ha dato un figlio. La storia non poteva essere più pucciniana di così: Cio-cio-san come Manon, Tosca, Liù, Mimì. Donne che amano e che, amando senza riserve, muoiono.

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